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“Queste storie furono scritte per la figlia di Cummings, quando era ancora molto piccina”.
– Marion Morehouse Cummings
“Questo volumetto a cura di Vanni Scheiwiller è stato impresso a Trezzano sul Naviglio dalla tipografia Locatelli & Figli in mille copie numerate il 22 febbraio 1975. COPIA n. 238”.
Due note, la prima e l’ultima pagina stampata del libro, che sono sufficienti a spiegare la meraviglia di scoprire, per puro caso e mentre cercavo altro, in un’ala della biblioteca umanistica che probabilmente non visiterò mai più, queste favole di Cummings. Certo, la copertina verde è opinabile, ma d’altro canto è così sbiadita da fare tenerezza.
E fanno tenerezza, moltissima, anche le quattro favole. Che Cummings potesse essere dolce e delicato e pieno di fantasia, che avesse una grazia impareggiabile nel disseminare le sue opere di dettagli naturali, queste cose le sapevamo già. Ma fa tenerezza immaginarlo mentre legge, anzi recita, alla figlia. E lui dev’essersi divertito un sacco. Al punto che l’ultima storia, “La piccola bambina chiamata Io”, è costruita come un dialogo, in cui la voce narrante incita l’altra ad indovinare chi incontrerà la piccola Io e cosa si diranno. La verità è che io mi sono pure commosso: le storie d’amore tra elefanti e farfalle mi fregano sempre. Il che porrà seri problemi quando toccherà a me leggere favole… Dovrò ripiegare sulle saghe nordiche, ecco.
Mannaggia a Cummings, come si fa a non volergli bene?
p.s. a quanto pare il libro è stato ristampato nel 1995, ed esiste anche un’edizione inglese delle favole.
E.E. Cummings
Favole
traduzione di Patrizia de Rachewiltz
pp. 60
Scheiwiller, 1975 e 1995
Giudizio: 3/5.