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I voti

Nell’assegnare i voti cerco di valutare la qualità di un’opera, prescindendo dalle mie personali preferenze. Il metro di giudizio è questo:

1. insufficiente
2. sufficiente
3. buono
4. ottimo
5. capolavoro

Non corrisponde al giudizio in base dieci, che assegna la sufficienza al sei. Tantomeno corrisponde alla votazione in base quindici, nella quale la sufficienza è dieci (un giorno qualcuno mi spiegherà a cosa servono nove gradi d’insufficienza). È un sistema svergognatamente, orgogliosamente fondato sul pregiudizio che la qualità meriti più spazio e attenzione, e sulla constatazione che un voto mi basta per designare una porcheria; preferisco usare gli altri come gradazioni di un giudizio positivo. È altresì vero che trovandomi nella fortunata condizione di poter scegliere le opere cui dedicare il mio tempo, sono libero di tralasciare quanto ritengo scadente o poco interessante. Forse anche per questo mi è capitato raramente di dare il minimo dei voti. Riservo il massimo per quelli che ritengo capolavori; oppure, specialmente nell’ambito della saggistica, ai testi che rappresentano il non plus ultra sull’argomento trattato. A volte mi lascio prendere dall’affetto.